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Pagare i clandestini serve a qualcosa?

 Notizia recente, i clandestini verranno pagati per essere rimpatriati: in pratica si darà ad ogni clandestino circa 1700 euro oltre il rimpatrio, affinchè possano farsi una nuova vita nel loro paese di origine.

Indipendentemente se questi soldi sono dell’Italia o della UE (come sostiene Frattini), non si può non avere perplessità su questa decisione, che presenta almeno due criticità.
La prima sorge se pensiamo che anche molti italiani vivono in condizioni di indigenza, e quindi sorgerebbe spontanea l’obiezione sulla destinazione di questi soldi: nons arebbe meglio destinarli agli italiani? Ci son otante famiglie italiane bisognose, tanti giovani senza lavoro, tante scuole fatiscenti; quante di queste situazioni si potrebbero aiutare con questi soldi?
Lo so, è un discorso egoista, ma è anche vero che non esistono bisognosi di serie A e bisognosi di serie B, e gli italiani indigenti hanno tanto bisogno quanto i clandestini.

La seconda obiezione è sull’uso che di questi soldi ne potrebbero fare i clandestini rimpatriati. Siamo sicuri che questi soldi verranno usati per delle attività nella patria di origine dei clandestini, o piuttosto i clandestini non decideranno di riprovarci di nuovo? In questo caso i soldi che noi elargiamo, andranno dritti nelle tasche degli scafisti e dei moderni schiavisti.
Inoltre, sorge un altro dilemma: qualora si spargesse la voce che i clandestini fossero “pagati”, è prevedibile che questo incoraggerebbe altre persone a prendere il mare e divenire a loro volta clandestini, ingigantendo il fenomeno, invece di ridurlo.
Ma allora quale è la soluzione?
La soluzione sarebbe che questi soldi vengano indirizzati non al clandestino, ma nei luoghi di origine e, sotto controllo degli operatori internazionali, vengano usati per sviluppare in loco delle infrastrutture per incoraggiare lo sviluppo economico di quegli stessi paesi.
Il vantaggio sarebbe che, creando opportunità di lavoro, la spinta ad emigrare diminuirebbe, inoltre le nostre stesse aziende potrebbero avvantaggiarsi dello sviluppo economico di quei paesi, che potrebbero divenire nuovi mercati per le nostre merci.
Questa soluzione credo che sia molto più utile e garantisca risultati migliori nel medio e nel lungo periodo, al posto di una soluzione presa sull’onda del momento e i cui effetti e conseguenze sono difficilmente prevedibili.