Posts Tagged ‘gelmini’

La riforma della Gelmini taglia le gambe ai precari della scuola

Vorrei fare qui due brevi riflessioni sulla scuola, argomento delicato sul quale il nostro governo, da quando è salito in carica, non ha fatto altro che deliziarci con sparate fuori dal mondo: contro le materie umanistiche, bollate come inutili e sacrificabili nella nostra società tutta presa dal consumo; contro i docenti, considerati ignoranti tout court, senza distinzione, e mangia-risorse pubbliche a tradimento (e quelli che sono pure meridionali, sono stati bellamente equiparati quasi a zotici contadini alla conquista del nord tramite i poveri studenti, portatori di una presunta cultura nordica superiore che rischia di essere inquinata da questi apporti; è bello vedere come le solite sperequazioni nostrane cancellino ogni insegnamento e riflessione, ormai acquisiti in ogni campo, sul valore assoluto del confronto multiculturale anche fra aree diverse del nostro paese).
Il mio primo pensiero va al TFA, ovvero il famoso e sospirato tirocinio formativo attivo che, dopo 3 anni di promesse, spiragli e false attese, ha finalmente visto la luce tramite un decreto il 31.01.11.
Sostanzialmente potremmo dire che vengono riconfermate le Sissis, concentrate stavolta in un solo anno invece che 2, con il consueto sbarramento numerico in entrata, cioè le prove da superare. Tutte le esperienze di confronto che ho avuto personalmente con chi le ha frequentate, mi hanno indotto a pensare che non ci fosse proprio bisogno di loro, in realtà. Non è ripetendo per 2 anni le stesse materie fatte all’università (di questo trattavasi e, temo, si tratterà ancora adesso con il nuovo TFA) che impari ad essere un insegnante, a mio parere. Semmai bisognerebbe incrementare i tirocini nelle scuole, nel vero laboratorio dove il futuro docente si troverà giornalmente ad affrontare problemi e difficoltà di vario tipo, per “insegnargli” a insegnare.
La Gelmini ha inoltre introdotto una norma che, a mio modesto modo di vedere, ma non credo proprio di essere la sola a pensarlo, obbliga tutti i laureati magistrali o specialisti che vogliono entrare al TFA ad avere come prerequisito per sostenere gli esami d’ingresso una conoscenza della lingua inglese di livello B2, per qualunque area di insegnamento, anche matematica o italiano (vedi l’art. 3).
E qui mi vengono spontanee tre considerazioni. Una senza dubbio positiva: senza dubbio giusto che il ministro si ponga un problema troppo spesso trascurato nella nostra scuola, ovvero la mancanza, da parte soprattutto dei docenti più anziani, formati secondo altro schemi di pensiero e in epoche differenti dal nostro “mondo della globalizzazione”, di una buona conoscenza della lingua straniera più diffusa in Europa e nel mondo, l’inglese. Questo ha un’utilità profonda, e permetterebbe agli insegnanti di avere maggiore apertura mentale, essere realmente in contatto col “mondo” da tutti i suoi punti di vista, cominciando dall’informazione, oltre a una migliore consapevolezza e capacità di ciò che ci circonda, fondamentale nel rapporto con menti giovani, che devono essere aperte il più possibile al plurilinguismo e alle nuove tecnologie.
Però mi chiedo: perché B2? E’ un livello piuttosto alto nel portfolio europeo delle lingue. Voglio dire, per comprendere un testo inglese nelle sue linee essenziali, leggere un quotidiano o navigare nei vari siti d’informazione e cultura, posso affermare, basandomi sulla mia esperienza personale (posseggo infatti un livello B1 di inglese) che non è necessario. Soprattutto, e questo è il punto cruciale della questione sul quale vorrei attirare maggiormente l’attenzione dei lettori, il paradosso che mi sgomenta, quando ci sono docenti, non di italiano si intende (!), che non conoscono bene la nostra grammatica! Che senso ha l’inglese B2 quando permettiamo ad una persona che non conosce bene l’italiano di insegnare matematica o disegno? Forse spiegherà in inglese? Dunque, PRIMA sottoponiamo i docenti a un test selettivo di lingua italiana, dato che è insita nella buona riuscita di questa professione, la capacità di spiegare correttamente servendosi di espressioni appropriate nella nostra lingua, POI dedichiamoci alla preparazione “accessoria”. Qualcuno potrebbe obiettare che ci saranno comunque i test d’ingresso, per tutti, in italiano: si, ma test d’ingresso pensati con quiz a crocetta! Non penso proprio quindi aiutino in tal senso.
L’ultima riflessione chiude il cerchio con quanto detto all’inizio: è l’ennesima amara considerazione sull’idea della scuola che il governo sta portando avanti, peraltro dopo averne “modificato” la struttura a proprio piacimento, con la scusa di modernizzarla: le parole di Berlusconi che, per ingraziarsi una parte ben riconoscibile del suo elettorato, alla “carlona”, condanna la scuola pubblica accusando sempre i soliti colpevoli, i docenti, di instillare negli studenti idee contrarie (leggi “iperlaiche”) ad un certo tipo di morale. Ma non abbiamo forse la libertà di scegliere fra i diversi tipi di scuola presenti nel nostro territorio? E la nostra democrazia non dovrebbe garantire proprio questo, cioè la sopravvivenza di modelli alternativi di istruzione tra i quali poter scegliere secondo le proprie idee? Termino con la considerazione personale in cui credo di più, per far andare avanti il nostro paese: la sua ricchezza e varietà culturali siano patrimonio che ci arricchiosce, e ci unisce spingendoci a conoscere l’Altro, a riflettere su noi stessi e rispettare le diversità, imparando a convivere, tutti tesi verso lo stesso ideale, l’ottimo funzionamento del nostro stato a garanzia dell’armonia civile e dei valori sui quali è stato fondato, a prezzi incalcolabili, come ci insegna la Costituzione.

Riceviamo e pubblichiamo di Benedetta Bonanno

Costi e tagli della Riforma Gelmini

Abbiamo parlato dei punti essenziali della Riforma Gelmini, ora vediamo se riusciamo a parlare dei dati numerici, ovvero dei tagli, presunti o reali, che la Riforma porta all’Università.
Da una ricerca operata su vari siti di informazione, però, possiamo provare a dare una risposta al quesito iniziale, ovvero: “quanto sono, se ci sono, i tagli dei fondi destinati all’Università”?
Premettiamo subito che, la possibilità di trasformare una facoltà universitaria in una fondazione, con l’immissione di privati nella gestione dellìUniversità, non necessariamente è un male: all’estero è prassi comune, le università italiane che attuano questo modello sono leader italiane nei loro settori (Politecnico di Torino, Bocconi, giusto per citare un paio di esempi). Certo questo si traduce in una riduzione del potere dei rettori e dei professori, anzi questi ultimi dovranno iniziare a “produrre”: essere più presenti e attivi nella didattica, e nelle pubblicazioni di ricerche svolte. Contemporaneamente vi sarà un “direttore generale” che sostituirà l’attuale direttore amministrativo. Il direttore generale avrà compiti di grande responsabilità e dovrà rispondere delle sue scelte, come un vero e proprio manager dell’ateneo, questo significa che questa figura sarà pienamente respnsabile per le decisioni assunte e quindi potrà essere giudicata. Distinzione netta di funzioni tra Senato accademico e consiglio d’amministrazione. Il Senato avanzerà proposte di carattere scientifico, ma sarà il cda ad avere la responsabilità chiara delle assunzioni e delle spese, anche delle sedi distaccate. Il cda non sarà elettivo, ma responsabilizzato e competente, con il 40% di membri esterni. Il presidente del cda potrà essere esterno e il bilancio delle Università dovrà essere di tipo economico-patrimoniale, e quindi redatto ocn regole certe e chiare (attualmente i bilanci delle università non sempre brillano per chiarezza).
Quindi questo punto, a mio parere, è positivo per gli studenti, come altri punti che abbiamo discusso nell’articolo precedente. Proprio per tale motivo, alcuni commentatori iniziano già ora a difendere apertamente la riforma della Gelmini, mentre alcuni esponenti cavalcano la protesta senza però fornire dati certi.

Allora la contestazione su cosa si basa?

Si torna sempre lì: i presunti tagli all’università.
Se si analizza la legge, i primi tagli colpiscono gli stipendi dei professori universitari: blocchi stipendiali e trasformazione di una buona parte dei ricercatori in docenti associati. Ma a causa della copertura finanziaria limitata, entrambi sono stati approvati in modo parziale: il superamento del blocco degli scatti imposto dalla legge di stabilità per tutti i dipendenti del pubblico impiego si è tradotto nella volontà di “premiare il merito dei migliori ricercatori e professori” (complessivamente sono interessati 60mila prof e 20mila ricercatori di ruolo). Il secondo prevede la possibilità di far saltare nel ruolo della docenza 1.500 ricercatori l’anno tra il 2011 ed il 2013.

Per quanto riguarda le risorse finanziarie destinate all’Università, osserviamo che, potenzialmente, non vi è alcun taglio. Come è possibile? E perchè uso il termine “potenzialmente”?
L’anno scorso, nella sua prima versione, la riforma prevedeva risparmi per circa 1,2 miliardi di euro da conseguire tramite tagli, ins eguito alle proteste, l’orientamento è cambiato, e il governo si impegnò nel garantire questi 1200 milioni.
Nella legge di stabilità attuale, viene invece previsto che i contributi per i prossimi tre anni siano così ripartiti: 800 milioni in più per il 2011, 500 per il 2012 e altrettanti per il 2013.
Mancano per il 2011 circa 400 milioni. E non vi è parola per le borse di studio.  Allora ci sono davvero questi tagli? Effettivamente non si può dire ancora: i 400 milioni mancanti verrebbero reperiti nella legge riguardante il federalismo, che vedrà inclusi anche i fondi per le borse di studio. Infatti, la Riforma Gelmini delega al governo per riformare organicamente la legge 390/1991, in accordo con le Regioni. Obiettivo: spostare il sostegno direttamente agli studenti per favorire accesso agli studi universitari e mobilità. Inoltre sarà costituito un fondo nazionale per il merito al fine di erogare borse di merito e di gestire su base uniforme, con tassi bassissimi, i prestiti d’onore.

Quindi il diritto allo studio dovrebbe essere garantito, ma il punto è che i fondi per borse di studio e prestiti agli studenti, devono ancora essere discussi in una legge separata (quella sul federalismo9 e viene delegata dallo Stato alle Regioni, anche se lo Stato si riserva di dettare un quadro ocmune per tutte le regioni.

Con quanto sopra possiamo dire che, se è vero che la riforma Gelmini, porta avanti dei cambiamenti sicuramente positivi, sull’aspetto dei finanziamenti all’Università, presenta dei punti oscuri, visto che per avere un quadro chiaro bisognerà attendere la legge sul federalismo fiscale.

 

La riforma Gelmini: i punti principali

In questi giorni gli studenti sono scesi in piazza e le loro manifestazioni sono state numerose e hanno avuto un notevolissimo seguito a livello mediatico, anche grazie ad iniziative inusuali, come il finto funerale svoltosi a Palermo in onore del diritto allo studio.
La riforma Gelmini che è in discussione al momento verte sull’Università e intende, secondo la sua autrice, migliorare l’ambito accademico e migliorare i conti delle Università.
Per il momento tralasciamo l’ambito puramente contabile dei tagli e dei risparmi operati su scuole e Università (ambito che sviscereremo con un successivo articolo) e concentriamoci invece su quali sono i punti fondamentali della riforma Gelmini o, per meglio dire, come cambierebbe il mondo dell’Università se la riforma fosse approvata così come è.

La prima modifica riguarda il tempo che i professori universitari dovranno dedicare all’insegnamento: spesso gli studenti conoscono i loro docenti solo al momento dell’esame, perchè le lezioni vengono svolte da assistenti e ricercatori.
Ecco quindi, che i professori ordinari dell’Università, per intenderci quelli a tempo pieno, dovranno svolgere attività formativa per almeno 1.500 ore nel corso di un anno solare, e 350 saranno dedicate alla didattica e quindi alla loro presenza in aula e alla interazione con gli studenti. 
Invece i docenti a tempo determinato dovranno fornire 750 ore di attività di cui almeno 250 spese per la didattica.
Entrambi i docenti subiranno una valutazione, secondo vari parametri di riferimento: se sarà negativa, niente aumento di stipendio.
Altro punto che riguarda i docenti, è il momento in cui andare in pensione: al momento attuale,il docente universitario può avvalersi di un periodo extra pari a due anni per continuare ad insegnare, questo periodo prende il termine di “trattenimento in servizio”. Con la riforma, il docente ordinario dovrà andare tassativamente in pensione a 70 anni (e non a 72 come ora), mentre il professore associato dovrà andare tassativamente in pensione a 68 (e non a 70 anni come ora). Questo punto è stato motivato con l’intenzione di dare più spazio ai giovani: personalmente ho dei dubbi, perchè ritengo che non siano due anni in più o in meno a favorire il turn over, ma riconosco che è sempre un inizio.

La modifica più grossa, riguarda però le svariate migliaia di ricercatori (circa 20.000) che, in questo momento, lavorano nelle università: non vi sarà più la collocazione lavorativa a tempo determinato, ma una nuova figura che prevede la possibilità di accedere all’insegnamento attraverso due contratti triennali. Se nel corso del secondo triennio il ricercatore vince il concorso da docente associato rimarrà in seno all’università; in caso contrario non potrà più continuare l’attività accademica.

Altro punto molto importante, riguarda la lotta alla proliferazione degli atenei e dei corsi di studio che abbiamo visto in questi anni in Italia e che alcune volte hanno rasentato il ridicolo, con corsi universitari aperti per poche diecine di studenti come quello di “Scienze del fiore e del verde”, o il Corso in Scienze dell’allevamento, igiene, e benessere del cane e del gatto.
Per eliminare, quindi, facoltà e corsi ridondanti e inutili, la proposta del ministro è che non ci potranno essere non più di 12 facoltà in ogni università.

Per quanto riguarda i rettori, la rivoluzione è pesante: al momento attuale un rettore universitario può restare in carica per 16 anni, ma la Riforma prevede che possano restare in carica per due mandati da quattro anni ciascuno, mentre il senato accademico potrà sfiduciare il rettore con il 75% dei voti.
Per quanto riguarda i concorsi, si vorrebbe svincolare l’influsso dei cosiddetti “baroni”: le selezioni saranno fatte da una commissione formata da quattro professori ordinari estratti a sorte e sarà dato maggiore spazio alla produzione da parte dei candidati di pubblicazioni, le esperienze internazionali, e la didattica svolta, il tutto per premiare i ricercatori più meritevoli e meglio preparati professionalmente.

Questi sono i punti principali, che sicuramente sono migliorabili, ma effettivamente vanno ad incidere molte posizioni di “comodo” e vanno incontro a molte lamentele che, durante i miei anni di università, sentivo fare dagli altri studenti.
Ovviamente la riforma è migliorabile, ma ha il pregio di volere essere una riforma che va a toccare quasi tutti i punti nevralgici delle Università, purtroppo sembra lasciare scoperto un punto fondamentale, quello dei finanziamenti e delle dotazioni infrastrutturali, un punto che merita un approfondimento separato.

Agitazione in tutte le scuole d´Italia. Combattere: Realtà o Utopia?

di Simone Lecco

In tutte le scuole d´Italia e nelle Università in questo periodo dell´anno,vi è un grande fermento. Quasi tutti gli studenti protestano contro la Riforma Gelmini, che oltre tutti i numerosi tagli, offrirà maggiori agevolazioni alle scuole paritarie. Il ministro,accelera addirittura sulla riforma universitaria, forzando tempi e regolamenti parlamentari. Stiamo affrontando una situazione molto delicata, le perplessità sono parecchie e i giovani si pongono diverse domande: “E’ giusto protestare? O sono solamente sforzi inutili? Dopo tanti anni, adesso devono cambiare le cose? “…E si potrebbe continuare…Cosa è realmente giusto? Non fare nulla, lasciarci trascinare dalla massa e subire tutto ciò che viene fatto? Per me,no. È giusto protestare, perché devono andare sempre avanti le nostre idee. Il confronto deve essere sempre aperto e mai una strada a senso unico, nonostante ciò non tutti gli studenti liceali applicano questo tipo di filosofia, perché strumentalizzati dalla massa,soprattutto coloro che frequentano il biennio delle scuole superiori, giovani incoscienti delle loro azioni e dei loro pensieri che manipolati, ma ci sono anche persone un po´ più “mature” che credono che protestare sia utile solo per anticipare le vacanze natalizie. A questo proposito,sarebbe bene aprire una parentesi ponendo un quesito: Perché questo tipo di proteste (occupazioni,assemblee,autogestioni,etc) inizia puntualmente sempre a Novembre e mai a inizio Settembre? Perché? Nonostante nei mesi passati vi sono state numerose manifestazioni nelle principali piazze italiane, l´affluenza è sempre parecchio scarsa in alcune città. E’ normale che i presidi delle nostre scuole sono a sfavore di questo tipo di protesta, perché lede assolutamente il nostro diritto allo studio ed anche io sono assolutamente contrario alle forme di protesta illegali e che ostacolono i nostri stessi diritti. In riferimento al diritto allo studio, l´articolo 3 della Costituzione Italiana stabilisce che

” È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l´uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana “.Ma, a volte, è l´unico modo per farsi sentire.

Proprio a questo proposito la mia scuola, uno liceo scientifico di Palermo, è stato occupato: lo staff di presidenza,ha ricattato gli alunni, nel momento in cui avrebbero applicato qualsiasi forma di protesta, annullando viaggi di istruzioni, assemblee mensili ed attività extra-curriculari. In nessun modo le nostre richieste di collaborazione sono state accolte. Questo tipo di minaccia, mi sembra assurdo nel momento in cui gli studenti non protestino contro lo staff di presidenza o il corpo docenti, ma contro la classe politica.Quando vogliamo pensare al nostro futuro, non dovremmo basarci su una protesta di un paio di mesi, perché si viene presi poco sul serio. Bisognerebbe sempre combattere, combattere,combattere fino alla nausea, tutti insieme, perché nessuno rimarrà fuori da questa riforma, fino a quando riusciremo ad ottenere qualcosa, senza limiti di tempo, a costo di perdere anche un anno, ma ne varrebbe la pena, perchè avremo migliore l’ Italia e il nostro futuro stesso.  Nella mia mente da “sognatore” la mia forma di protesta ideale sarebbe un ” Nuovo ’68”, periodo in cui tutti erano convinti di ciò che si faceva e si respirava aria diversa. È ovvio che leggendo questo mio desiderio si pensa a qualcosa di utopico, perché non tutti hanno la lucidità e la voglia di cambiare. “Non vi è cosa più triste che pensare tutto ciò che facciamo è inutile” queste sono le parole di Corrado Alvaro, uno dei grandi narratori del `900. In questo momento così particolare per l´Italia ( e non solo ), una grande fetta di popolazione la pensa in questo modo. Le proteste non avranno mai una fine perché, solo nel momento in cui TUTTI saranno a ribellarsi ,allora sì che le cose potrebbero cambiare. “Il mondo è bello perché è vario”. Già, ma le giuste idee non sono diverse: Sono uguali per tutti. A voi, giovani di ItaliaUnder35 descrivo il mio pensiero,da 18enne, ancora ingenuo e con poche esperienze alle spalle, lascio a voi anche quelle che secondo me sono le possibili strade da intraprendere per cercare di ottenere un´Italia migliore, una formazione migliore per ogni giovane, un FUTURO MIGLIORE per tutti.

La parola ad un gruppo di ragazzi del liceo palermitano Einstein: “Le istituzioni sentono sempre meno, le scuole gridano sempre di più”

 Noi, ragazzi e ragazze del liceo scientifico statale Albert Einstein, vogliamo esporre e chiarire i motivi che ci hanno spinto a portare avanti la protesta all´interno del nostro istituto. La nostra occupazione non è una scusa, una perdita di tempo per prolungare le vacanze come solitamente si crede: dodici scuole della stessa città e, come noi, molte altre in Italia non hanno deciso di bighellonare di comune accordo! La nebbia che si frappone tra noi e il nostro futuro ha generato un clima d´incertezza , lo scarso interesse dimostrato dai governanti nei confronti dell´istruzione è alla base di un profondo senso di sconforto : come possiamo continuare ad affidare il nostro avvenire nelle mani di chi non si cura di noi? Dobbiamo forse continuare a ignorare una politica che ostruisce e danneggia l´educazione dei giovani? È così assurdo richiedere supporto a chi tiene le redini dello Stato? È necessario protestare per avere quel che ci spetta di diritto? Il comune disagio è stato promotore della formazione di un collettivo apartitico all´interno della scuola. Ci teniamo a sottolineare questo punto poiché vogliamo far presente alla comunità che la nostra protesta non ha nulla a che fare con la presa di posizione di chi segue un colore o ideologie di parte. Chiediamo sostegno a genitori, professori, personale ATA e tutti coloro i quali percepiscono la gravità della situazione, affinché si ristabiliscano delle prospettive per il futuro. L´occupazione di questo stabile è quindi sintomo della mancanza di cure e del generale abbandono di cui ci sentiamo vittime. Se volessimo descrivere le condizioni in cui è tenuto il nostro istituto non potremmo fare altro che affidarci ad un termine, ormai entrato a far parte della quotidianità della nostra nazione : precarietà. Preso atto della fatiscenza cui i nostri occhi sono stati costretti ad abituarsi, non possiamo che domandarci come gli ingenti tagli al settore della pubblica istituzione possano migliorare questa situazione: nessuno spazio adeguato per l´evacuazione in caso di pericolo, palestre non omologate per lo svolgimento di attività motorie, porte e finestre mal funzionanti, muri fragili e pericolanti, scarsa igiene dei locali… A tutto questo si aggiunge una struttura che di per sé non è stata concepita per ospitare oltre mille studenti. In questi giorni , per rendere più costruttiva e ricca di contenuti la nostra azione di protesta , abbiamo organizzato diversi progetti ed attività alternative: conferenze sull´antimafia (Collettivo Antimafia , Addio Pizzo); laboratorio musicale (è già prevista un´esibizioni finale dei ragazzi per giorno 25 novembre), lettura dei quotidiani e dibattiti sugli argomenti ivi trattati (ricercando articoli che riguardavano le proteste messe in atto da alcuni ex alunni negli anni `90), gruppi di studio per il recupero, tornei sportivi (ping-pong ) , laboratorio artistico (per la realizzazione di striscioni) ed un`aula di esposizione fotografica con alcuni scatti realizzati all´interno dell´edificio durante i giorni di protesta. Infine ci preme denunciare le numerose incursioni a sfondo delinquenziale di un vicinato poco amichevole. Durante la notte del 22 novembre, alcuni ragazzi malintenzionati hanno tentato di accedere all´interno dell´istituto con la violenza, per scongiurare l´aggressione siamo stati costretti a chiedere aiuto alle autorità che ringraziamo per la disponibilità e l´appoggio. Il giorno successivo, allo stesso momento della giornata, per rivendicare il loro tentativo di intrusione, gli stessi individui hanno provato ad incendiare le porte di un ingresso secondario. Il tentativo è stato immediatamente sventato dal tempestivo intervento di alcuni ragazzi del servizio d´ordine. Nonostante le difficoltà siamo decisi a portare avanti quel che abbiamo cominciato. Al di là della stanchezza, fiduciosi che la nostra voce non rimarrà inascoltata. Vogliamo una scuola su misura, in cui potere apprendere nel migliore dei modi, sfruttando tecnologie e laboratori (disponibili e funzionanti) , dove potere crescere all´insegna del dialogo e del confronto al fine di una formazione dell´individuo più completa.